Era un giovane di 17 anni, fu tra i naufraghi recuperati dal " Carpathia " . Il regista James Cameron si e' ispirato a lui per il film vincitore di 11 premi Oscar
Titanic, la storia del vero Jack Dawson
Dalla sua testimonianza e' nato il personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio In realta' si chiamava Jack Thayer Era americano e fu salvato da un ufficiale Viaggiava con la famiglia Suo padre rimase a bordo e mori' nel naufragio
Era un giovane di 17 anni, fu tra i naufraghi recuperati dal "Carpathia". Il regista James Cameron si e' ispirato a lui per il film vincitore di 11 premi Oscar Titanic, la storia del vero Jack Dawson Dalla sua testimonianza e' nato il personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio In realta' si chiamava Jack Thayer Era americano e fu salvato da un ufficiale Viaggiava con la famiglia Suo padre rimase a bordo e mori' nel naufragio Jack Dawson, il protagonista del film "Titanic", non e' un personaggio inventato: tra i naufraghi c'era un giovane americano che ha fornito al regista James Cameron lo spunto per creare la figura del protagonista. Il "vero" Leonardo Di Caprio si chiamava Jack Thayer, aveva diciassette anni, e si salvo' (fu tra i naufraghi recuperati dal "Carpathia") lasciando poi una drammatica testimonianza. La storia di Jack Thayer e' stata utilizzata da diversi autori di libri dedicati al Titanic, in particolare da Walter Lord, autore di "Titanic, la vera storia", edito dalla Garzanti. Una storia quindi "ufficiale" ma che nessuno finora aveva riconosciuto come ispiratrice della figura del protagonista del film. Questo articolo ricostruisce le ore della tragedia attraverso le testimonianze rilasciate direttamente da Jack Thayer, il giovane da cui e' nato il personaggio Jack Dawson (anche il nome di battesimo e' lo stesso), interpretato da Leonardo Di Caprio. Amezzogiorno in punto del 10 aprile del 1912 il Titanic si stacco' dal molo di Southampton, in Inghilterra, e con le sue gigantesche eliche creo' una tale turbolenza che per poco non entro' in collisione col transatlantico americano "New York" ormeggiato li' vicino. Ma pochi si accorsero del pericolo corso, e chi lo avverti' lo trasformo' subito in un segno della stupefacente potenza del Titanic. Niente di piu': il Titanic era inaffondabile. La confusione a bordo, con passeggeri che andavano e venivano tra i diversi ponti, che si sistemavano nelle cabine, che chiedevano informazioni e che letteralmente si perdevano in quel palazzo galleggiante, duro' a lungo e sia pure in misura ridotta, si ripete' nei porti di Cherbourg, in Francia, e di Queenstown, in Irlanda, dove il transatlantico fece tappa (la sera stessa e a mezzogiorno del giorno dopo) per imbarcare altri passeggeri e la posta. Finalmente, alle 14 del giorno 11 aprile, il Titanic salpo' da Queenstown diretto a New York. A bordo, tra passeggeri e equipaggio c'erano 2207 persone. Per il giovane Jack Thayer quel viaggio in Europa era stata un'occasione straordinaria. A soli diciassette anni un viaggio del genere non era cosa da poco, nemmeno per il figlio di John B.Thayer, il facoltoso presidente delle Ferrovie della Pennsylvania. Ma ora la vacanza era finita e si tornava a casa, a Filadelfia. Comunque un finale in bellezza: una cabina sul ponte B del Titanic, comunicante con quella accanto dov'erano alloggiati i sui genitori. Ormai il Titanic navigava in pieno oceano e Jack passava le giornate tra la cabina, il salone ristorante e il ponte passeggiata, dove poteva incontrare il fior fiore dell'alta borghesia americana (gli Astor, gli Harper, i Guggenheim...) e tante ragazze, belle e sorridenti. E anche lui non passava certo inosservato: giovane, facoltoso, elegante, occhi intensi... Il giorno 14 passo' come gli altri e nessuno dei passeggeri ebbe sentore dei diversi messaggi che arrivavano alla cabina radio dalle altre navi in viaggio nella stessa zona dell'Atlantico: "Attenzione, presenza ghiacci". La notte era serena, il mare calmo, ma faceva freddo e poco dopo la cena Jack si era ritirato nella sua cabina; aveva dato la buonanotte ai genitori e si stava preparando per andare a letto. Si stava abbottonando la giacca del pigiama quando ebbe la sensazione che la brezza che entrava dall'oblo' semiaperto cessasse improvvisamente. Erano le 23.40. Il Titanic aveva appena urtato contro un gigantesco iceberg che aveva apero una serie di squarci nella fiancata destra. Jack, come molti altri passeggeri non lo capi', ma subito dopo avverti' delle voci confuse nel corridoio e cosi' decise di andare a vedere che cos'era quell'animazione. Pensando al freddo mise un completo di tweed con tanto di panciotto, un maglione e un soprabito pesante. Nel corridoio c'erano passeggeri ancora in abito da sera, altri in pigiama, altri ancora in vestaglia. Tutti a chiedersi che cosa fosse accaduto, mentre la confusione aumentava. In breve Jack si trovo' coi suoi genitori sulle scale, tra una folla disordinata. Le voci si incrociavano confuse, le ipotesi e le spiegazioni si accavallavano, e lentamente comincio' a farsi strada la sensazione che fosse accaduto qualcosa di grave, anche se alcuni ostentavano grande tranquillita': il Titanic era inaffondabile. Ma che non lo fosse lo capi' chiaramente il progettista del Titanic quando gli comunicarono che dallo squarcio prodotto dall'iceberg stava entrando una cascata d'acqua che aveva invaso l'ufficio posta e stava allagando ben cinque compartimenti. La confusione aumentava col passare dei minuti, nonostante gli sforzi degli uomini dell'equipaggio impegnati a mantenere la calma. Ormai quasi tutti avevano capito che cosa stava accadendo e gli ultimi ottimisti si arresero all'evidenza quando, cinque minuti dopo la mezzanotte, il capitano Smith dette ordine di approntare le scialuppe e di preparare i passeggeri ad abbandonare la nave. Alle 0.15 dal Titanic lancio' il primo "SOS" e mezz'ora dopo fu calata in mare la prima scialuppa, la numero sette. Poi fu la volta delle altre, mentre i passeggeri terrorizzati si ammassavano attorno alle scialuppe nel tentativo di abbandonare in fretta la nave sempre piu' inclinata verso prua. Nel tumulto Jack Thayer aveva perso di vista i genitori sul ponte A e se ne stava attonito, un po' in disparte, con Milton Long, un giovane di Springfield, Massachusetts, conosciuto quella sera stessa (anche nel film il protagonista viaggia con un amico). Era convinto che i suoi genitori avessero trovato un posto su una delle scialuppe e ora doveva decidere da solo della sua vita. In realta' soltanto sua madre era salita su una scialuppa, la numero 4, mentre suo padre John s'era rifiutato di mettersi in salvo con le donne e i bambini. Non aveva voluto comportarsi da vigliacco e se ne stava appoggiato al parapetto della nave a discorrere con un certo George Windener, apparentemente distaccato da quanto stava accadendo. Jack e il suo amico Milton s'erano allontanati da una scialuppa che minacciava di crollare sul ponte e tenevano d'occhio un paranco vuoto come punto di riferimento per calcolare la velocita' di affondamento. Cominciarono ad avere paura e si scambiarono messaggi per le rispettive famiglie, nel caso che... Una dopo l'altra, tra mille sforzi e tumulti, tutte le scialuppe vennero calate in acqua; l'ultima alle ore 2.05. I due ragazzi capirono che da quel momento in poi avrebbero dovuto fare affidamento solo sulle proprie forze. Il paranco indicava che il Titanic stava affondando sempre piu' rapidamente. Erano incerti sul da farsi. Jack propose di calarsi fuoribordo con una fune per poi raggiungere a nuoto le scialuppe che si intravedevano a qualche centinaio di metri di distanza; Milton non se la sentiva di nuotare tanto e convinse l'amico ad aspettare ancora. Aspettarono sempre piu' angosciati finche' un'onda provocata dalla rapida inclinazione della nave verso prua li investi' in pieno mentre erano in piedi, vicino al parapetto di tribordo, all'altezza del secondo fumaiolo. Non era piu' possibile aspettare. Si strinsero la mano e si fecero gli auguri. Milton si sedette sul parapetto, con le gambe fuori dalla murata. L'acqua era ormai a tre metri da loro. Jack si mise a cavalcioni e si tolse il cappotto. "Siete pronto?", chiese Milton. "Gettatevi, vi seguo immediatamente." rispose Jack. Milton salto' e qualche secondo dopo Jack lo segui' cercando di lanciarsi piu' lontano possibile dalla nave. Fu quella l'ultima volta che si videro perche' Milton scomparve subito in mare. La temperatura dell'acqua era di due gradi sotto zero. Jack nuoto' con tutte le forze. Nuoto' nell'acqua gelida che feriva la carne come mille coltelli; nuoto' fino al limite delle sue possibilita' verso un canotto gonfiabile rovesciato e circondato da un grappolo di naufraghi. Era ormai a pochi metri da quell'appiglio quando si senti' mancare le forze, ma senti' anche qualcuno che lo afferrava e lo sospingeva verso il canotto. Era il secondo ufficiale Lightoller, che lo aiuto' ad arrampicarsi sulla chiglia. Centinaia di persone disperate annaspavano gridando nelle acque gelide e quelle voci creavano un tragico coro che a Jack, sfinito e semincosciente, ricordarono solo il rumore continuo delle locuste nelle notti d'estate, nei boschi di casa sua, in Pennsylvania. Ma poi quelle voci angosciate lo riportarono al dramma. Il Titanic, ormai con la prua completamente immersa nell'oceano ebbe un fremito; la poppa si sollevo' verso l'alto e l'intera nave parve inarcarsi nello sforzo, poi si schianto' a meta' e la prua s'inabisso' velocemente. Erano le 2.18. Le luci finora accese si spensero, ma la scena continuo' a sembrare avvolta da uno strano chiarore che permise a Jack di vedere l'immensa poppa sollevarsi in alto, porsi in verticale, e un paio di minuti dopo infilarsi dritta nell'abisso con tutto il suo carico di umanita'. Ore di buio e disperazione, finche' arrivo' la nave Carpathia. La prima scialuppa venne raggiunta dai soccorritori alle 4.10 e l'ultima quando ormai era giorno, alle 8.50 del 15 aprile. Quando il canotto rovesciato su cui era Jack fu avvicinato da una scialuppa, il giovane era cosi' stremato che non si accorse neppure che su una scialuppa vicina c'era sua madre, e la signora Thayer non si accorse del figlio. Solo quando furono a bordo del Carpathia si incontrarono e si abbracciarono a lungo, piangendo. "Dov'e' papa'?" chiese la donna. "Non lo so, mamma", sussurro' tra le lacrime il ragazzo.